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martedì 24 maggio 2011

La tutela del lavoratore a fronte di un licenziamento illegittimo

Il licenziamento deve essere impugnato entro 60 giorni ed entro 270 giorni il lavoratore deve fare ricorso, novità introdotta dal collegato lavoro del novembre 2010.
Il lavoratore propone ricorso, il giudice lo accoglie dichiarando illegittimo il licenziamento e per il lavoratore può scattare la tutela reale o obbligatoria. La tutela reale è detta forte e l'obbligatoria è detta debole.
La tutela obbligatoria è stata introdotta con la l. 604 del 1966, legge che ha introdotto anche la necessità di un licenziamento giustificato, mentre prima c'era solo il recesso ad nutum. Tale norma ha introdotto la giusta causa o il giustificato motivo soggettivo o oggettivo. L'art.8 dice cosa succede quando un licenziamento non sia giustificato. È necessario reintegrare entro 3 giorni o risarcire il lavoratore.
Questa norma ci dice che a fronte di un licenziamento ingiustificato il datore può riassumere o pagare un'indennità al lavoratore, si tratta di un'obbligazione alternativa per il datore.
La maggior parte dei datori di lavoro opteranno per il pagamento dell'indennità monetizzando la condotta illegittima, per questo la tute obbligatoria è detta tutela debole.
Al contrario nella tutela reale si permette al lavoratore di tornare sul posto di lavoro.
La riassunzione significa instaurare un nuovo rapporto dopo il licenziamento illegittimo.
Invece la reintegrazione non determina un'interruzione del rapporto. È come se il rapporto fosse stato continuativo.
Se il lavoratore rifiuta di essere riassunto egli ha comunque diritto all'indennità già stabilita dal giudice. L'indennità è stabilita all'interno di una forbice dallo stesso art.8. questa va dalle 2,5 alle 6 mensilità. Il giudice determina l'indennità in base alla dimensione dell'impresa, il numero di dipendenti, l'anzianità del lavoratore, le condizioni economiche.
Saranno le parti stesse ad allegare l'anzianità di servizio e le altre caratteristiche determinanti.
Quando il lavoratore ha un'anzianità superiore a 10 anni può avere un'indennità fino a 10 mensilità. Se superiore a 20 fino a 14 mensilità. Solo però se è un'azienda con più di 15 dipendenti.
La tutela reale viene prevista dall'art.18 della l.n.300 del 1970, successiva alla disciplina tutela obbligatoria.
Essa prevede la possibilità a fronte di un licenziamento ingiustificato o nullo, l'obbligo per il datore di lavoro di reintegrare il lavoratore e di risarcire il danno. Non è un'obbligazione alternativa.
La reintegrazione si distingue dalla riassunzione perché prevede che il rapporto non si sia mai interrotto per cui ha valore ex tunc. Il lavoratore non deve offrire dopo la sentenza le prestazioni di lavoro ma deve attendere l'invito del datore di lavoro. Entro 30 giorni il lavoratore deve rientrare in servizio altrimenti si estingue il rapporto. Il lavoratore deve essere reintegrato nello stesso posto di lavoro, fatto salvo lo ius variandi del datore di lavoro.
Il lavoratore nel momento in cui viene reintegrato deve restituire l'eventuale indennità sostitutiva e il TFR che gli è stata data.
Il limite di tale tutela è che la reintegrazione presuppone un fare infungibile non coercibile.
Il datore ha dunque il dovere di esercitare i propri poteri. Non si può costringere il datore a fare, a reintegrare. Tuttavia egli deve pagare il lavoratore a casa come se stesse lavorando.
Nel caso di non ottemperanza dell'ordine del giudice da parte del datore, nel momento in cui viene riformata la sentenza di primo grado si è posto il problema della ripetibilità o meno delle somme percepite dal lavoratore. Queste somme sono effettivamente ripetibili secondo la giurisprudenza.
Per quanto riguarda l'obbligazione di risarcimento del danno, si prevede che questo deve essere commisurato a tutte le obbligazioni di fatto tra il licenziamento e la reintegrazione. Tale risarcimento non può essere inferiore alle 5 mensilità.
Tali 5 mensilità sono una sorta di penale forfettaria, non commisurata al danno. Il lavoratore non deve provare di aver subito il danno, ma deve solo provare la commisurazione del danno.
Proprio perché si tratta di risarcimento del danno si possono detrarre l'aliunde perceptum, ciò che il lavoratore ha guadagnato grazie ad altre attività lavorative intrattenuta medio tempore, nelle more del giudizio. Ciò per il principio della compensatio lucri cum danno.
Il datore può anche ottenere materiale probatorio dall'INPS per detrarre la somma dal danno.
Non si sottrae l'aliunde compatibile, che avrebbe potuto percepire anche restando presso il datore che lo ha illegittimamente licenziato.
Può essere detratto anche l'aliunde percipiendum, non solo le retribuzioni effettivamente percepite, ma anche tutto ciò che il lavoratore avrebbe potuto percepire usando l'ordinaria diligenza. Non si vuole premiare il lavoratore che è rimasto inerte. È necessario però che il datore di lavoro dimostri.
L'aliundem perceptum è comunque un'eccezione che non può essere rilevata d'ufficio.
Particolare risarcimento stabilito sempre dall'art.18,9comma per i sindacalisti licenziati illegittimamente. Essi hanno una tutela più incisiva, e nell'ipotesi di licenziamento il datore che non ottempera all'ordinanza di reintegro del giudice è tenuto al pagamento giornaliero di una somma da destinare al fondo pensioni pari alla retribuzione del lavoratore.
L'art.18,5comma prevede un diritto di opzione per il lavoratore che non vuole tornare al lavoro. Egli può chiedere entro 30 giorni dal deposito della sentenza un'indennità pari a 15 mensilità.
L'indennità è in luogo della reintegrazione ma non si sostituisce al risarcimento, dal giorno dell'illegittimo licenziamento a quello della sentenza(o reintegro).
L'ambito di applicazione delle due tutele è diverso.
L'art18 dello statuto e l'art.8 della 604 sono state modificate con la legge 108 del 1990.
prima di tale legge la tutela reale ai sensi dell.art18 poteva applicarsi solo a imprenditori con più di 15 dipendenti o 5 dipendenti in caso di imprese agricole. Per quanto riguarda la tutela obbligatoria per quelli con più di 35 dipendenti se non applicabile la tutela reale. Rimaneva una grande area per il licenziamento libero per tutte le piccole imprese che rimaneva con i lavoratori che avevano raggiunto l'età di pensionamento.
Dopo la riforma la tutela obbligatoria viene estesa a tutti a meno che non fosse applicabile la tutela reale. Anche le piccole imprese avevano tale tutela.
L'onere della prova non era a carico del datore. Il lavoratore deve provare che gli si renda applicabile la tutela reale. Al datore di lavoro spetta invece di provare la possibilità di fare un licenziamento libero.
La formula del 108 dice che la tutela reale è applicabile a tutti i datori con più di 15 dipendenti nella stessa attività produttiva o nello stesso comune(per evitare un'elusione da parte del datore) o 5 se imprese agricole o più di 60 dipendenti nell'ambito del territorio nazionale.
Per il computo bisogna considerare tutti i lavoratori subordinati e vengono esclusi gli autonomi e parasubordinati. Non verranno cumulati i contrattisti a termine che sostituiscono il lavoratore assente, gli apprendisti. Vengono invece computati i contrattisti con contratto di formazione.
Anche quelli con contratto di somministrazione sono nel computo. Vengono esclusi i lavoratori a domicilio, ma sono inclusi i lavoratori distaccati. I lavoratori a tempo determinato vanno inclusi limitatamente alle ore che prestano all'interno dell'impresa.
La tutela reale nonostante l'impresa raggiunga le dimensioni è esclusa per le organizzazioni di tendenza, organizzazioni che perseguono un fine ideologico. Il legislatore ha alleggerito la responsabilità di tale tipo di datore di lavoro, alla luce del fatto che si tratta un'attività prestata senza fini di lucro.
Qualora il lavoratore svolgesse mansioni neutre è stata esclusa la tutela reale, a prescindere dallo svolgimento di attività connesse al fine ideologico o meno.
La tutela reale si applica però sempre quando si tratta di licenziamento discriminatorio.
C'è un ambito residuo in cui la tutela reale dunque si applica sempre. Si chiama tutela reale di diritto comune, quando il licenziamento non ha nessun effetto ed è dunque nullo.
Quando il datore ha presso di sé anche un numero esiguo di lavoratori, vi sarà sempre e comunque l'applicazione della tutela reale.
Rimane un'area in cui la tutela reale può non applicarsi, in cui il datore può applicare il libero recesso. Tale area comprende i dirigenti (e non gli pseudo dirigenti) perché si tratta di una figura particolare che ha un rapporto di fiducia stretto con l'imprenditore. Anche nel caso del dirigente è stata coniata dalla giurisprudenza la necessità di giustificatezza. Per cui anche se non è necessaria la giusta causa o giustificato motivo il licenziamento deve essere comunque giustificato, si ha comunque non il reintegro ma un'indennità supplementare.
Altri lavoratori che rientrano nell'area della libera recidibilità sono i lavoratori in prova. La legge prevede un periodo minimo di 6 mesi, in cui il datore può licenziare anche senza motivo.
Sono anche esclusi i lavoratori domestici in quanto si tratta di rapporti in cui la fiducia è elemento centrale. Per cui si da possibilità al datore di licenziare.
A parte gli atleti professionisti è bene ricordare i lavoratori che hanno raggiunto l'età pensionabile. Questo perché può favorire il turn over con le nuove generazioni.

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