la giurisdizione ha due accezioni: in una prima indica l'ambito materiale di competenza di un giudice, in una seconda indica la forma della giurisdizione ossia l'ampiezza dei poteri cognitori di un giudice, tale nozione rileva soprattutto nel processo amministrativo.
Distinzione tra giurisdizione e competenza: la giurisdizione è un fascio di competenze e ha riguardo ad un plesso giurisdizionale, mentre la competenza è rispetto a un organo giurisdizionale.
Il riparto di giurisdizioni basato sulle situazioni giuridiche soggettive é il criterio generale di riparto; é il frutto ed esito del concordato nel 1930 tra cassazione e consiglio di stato. Si arrivo a tale accordo mentre alcuni dicevano dovesse basarsi sul petitum formale e chi sul petitum sostanziale.
Il criterio di riparto, costituzionalizzato nell'art103cost sconta una difficoltà nell'incertezza della nozione di interesse legittimo e di conseguenza del suo rapporto col diritto soggettivo. Il diritto soggettivo è una pretesa diversa a un bene della vita attivabile anche in forma specifica dal titolare, senza il doversi frapporre di un'ulteriore sgs attiva. Per quanto riguarda l'interesse legittimo si ha pur sempre una sgs attiva ma fronteggia comunque il potere amministrativo. Esso ha una connotazione sostanziale, ha ad oggetto bene della vita, ma si interpone ad esso il conseguimento o conservamento attraverso la forza precettiva di un provvedimento amministrativo. Ci dev'essere l'interposizione del potere amministrativo al fine dell'esercizio di tale sgs attiva.
La legittimità dell'azione amministrativa é oggetto o no della sgs attiva o coincide con esso? A seconda della risposta il potere del giudice amministrativo assume ampiezza diversa.
Per far fronte a tali difficoltà giurisprudenza e dottrina hanno adottato criteri diversi, empirici, per definire l'interesse legittimo. La cosiddetta teoria della degradazione, dinnanzi all'esercizio del diritto amministrativo non può esservi .. l'esercizio del potere crea un’ interesse legittimo, degradando il diritto. Una rivisitazione di tale criterio parla di carenza di poteri in astratto e in concreto. Il potere amministrativo ha efficacia di degradare diritti in interessi ma se esso è nullo, inefficace ex tunc, il provvedimento non è esistente esso non è capace di degradare diritti soggettivi e quindi si rimane nell'ambito del giudice ordinario. Il cattivo esercizio del potere presuppone il potere, che pero è esercitato male. Siccome si tratta di annullabilità si rimane nella giurisdizione del giudice amministrativo. Tale teoria é abbandonata in quanto cosi l'interesse legittimo diventa forma di tutela del diritto soggettivo. Si tratta invece di due diverse sgs attive, disciplinate alla pari dalla costituzione. Cosi facendo si riconduce l'interesse legittimo al diritto ma muterebbe poi la nozione di diritto stesso. Non é possibile parlare di diritto soggettivo quando vi é potere amministrativo, sarebbe possibile solo in pochissimi casi.
Si sono elaborati altri criteri empirici: norme di relazione e azione, rispetto a ciò che la norma inquadra. Si può dire che a un diverso tipo di norme corrisponde un diverso tipo di sgs. Dove si ha potere amministrativo non si ha rapporto paritario, dove si ha norma di relazione il rapporto é paritario. Tale visione é stata criticata in quanto sposta solo il problema in uno stadio più avanzato. Un ultimo criterio dice che l'interesse legittimo vi sarebbe solo innanzi ad un potere amministrativo discrezionale. Solo in tal caso l'amministrazione può scegliere e il destinatario del provvedimento non é tutelato direttamente in quanto l'amministrazione può scegliere. Innanzi ad un potere vincolato la possibilità di scegliere non c'é e si ha solo interposizione formale.
Una specificazione del criterio é quella di atti meramente dichiarativi: non sempre si ha diritto soggettivo ma sicuramente si ha per gli atti meramente dichiarativi, come l'iscrizione ad un albo professionale una volta soddisfatti i requisiti. Vi sono poteri vincolati innanzi a cui non può esservi diritto soggettivo, come nel potere sanzionatorio in materia edilizia.
I criteri sono vaghi e il problema risiede nella definizione dell'interesse legittimo, ancora più vaga dei criteri.
Cospicua decurtazione nell'ambito della giurisdizione amministrativa a partire dal 1889 con l'istituzione della giurisdizione apposita. Ha cominciato a trovare applicazione la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi. L'art.24 Cost dice che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei diritti ed interessi legittimi e successivamente ha continuato a trovare applicazione. La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato conferma tale dato che ci dice all'art.103 Cost. che il Consiglio di Stato e gli altri organi tutelano gli interessi legittimi e in particolari ipotesi anche i diritti soggettivi. In certi ambiti materiali la distinzione é particolarmente complicata e allo scopo di ausilio del potenziale ricorrente, l'intera materia é stata devoluta in blocco al giudice amministrativo con la conseguenza che il giudice conosce in tali materie degli interessi e dei diritti. Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo derivanti dal T.U. del 1924 e confermate dalla legge istitutiva del TAR hanno previsto via via sempre più materie devolute al giudice amministrativo. Per esempio contro gli atti delle autorità amministrative indipendenti la giurisdizione del Consiglio di Stato si ha una giurisdizione esclusiva. Nel 1998 questo spazio subisce un ulteriore allargamento con una norma d.lgs.80/1998 che devolve la materia dei servizi pubblici, dell'urbanistica, edilizia ed espropriazione. Si pone un problema che si era già affacciato: ci sono limiti alla giurisdizione esclusiva considerando che essendo data anche giurisdizione in tema di diritti soggettivi si ha un restringimento della giurisdizione ordinaria? Tale domanda investe il testo dell'art.103, sorge questione di legittimità costituzionale rispetto agli artt.33 e 34 del dlgs80/1998.
Si ricostruisce l'intero sistema a partire dalle origini nella parte di diritto della sentenza. Le questioni sono ritenute fondate: la Carta ha recepito il sistema come dal 1865 in poi.
All'assemblea costituente furono prospettate due tesi opposte: Calamandrei propose la soppressione della giurisdizione amministrativa, con un unico giudice ordinario, riprendendo la visuale della l.1865 senza il limite dell'art3 della stessa legge. Il divieto di giurisdizione speciale era posto in funzione del tribunale speciale istituito in epoca fascista. Ulteriore tesi, contrapposta a Calamandrei, si poneva su un giudizio storico per cui il Consiglio di Stato era riuscito durante il fascismo a mantenere maggiore autonomia rispetto al potere politico di quanto non avesse fatto la magistratura ordinaria. Il Consiglio di Stato si era in particolare opposto diverse volte a provvedimenti basati sulle leggi razziali.
La Corte Costituzionale mette le mani avanti dicendo che la devoluzione delle cause al giudice ordinario non può non considerare che la legge del 1865 fu deficitaria in quanto gli affari non compresi svolgevano un ruolo centrale. La relazione Crispi spiega che l'istituzione della 4 sezione era volta a sopperire l'immensa fascia di interessi del singolo non effettivamente tutelati.
Il costituente, accogliendo l'impostazione del mantenimento del consiglio ha riconosciuto al giudice amministrativo piena dignità di giudice ordinario. La costituzione nel bandire le giurisdizione speciale, mantiene in vita la Corte dei Conti, il Consiglio di Stato e altri giudici negando al qualifica di giudici speciali: sono giudici ordinari posti per la tutela di interessi legittimi e tutela in particolari casi dei diritti soggettivi.
La Corte, dopo aver preso atto della volontà della Costituzione di voler mantenere l'assetto precedente, interpreta l'art.103cost nella parte in cui mantiene in vita la giurisdizione esclusiva. Non emergono elementi di chiarificazione rispetto alla giurisdizione esclusiva, previsione quasi accessoria per l'inscindibilità di interessi e diritti e prevalenza delle prime. Introducendo l’art 103 non è stata costituzionalizzata la giurisdizione esclusiva secondo la Corte, tuttavia è nella modifica di tal assetto che il legislatore incontra dei limiti. Lo status del giudice amministrativo come ordinario in materia di interessi legittimi viene confermata dalla posizione costituzionale degli interessi legittimi ex art. 24 Cost, posti sullo stesso piano dei diritti soggettivi. La giurisdizione esclusiva viene mantenuta per la inscindibilità delle questioni di interesse legittimo e diritti sogettivi e la prevalenza delle prima. Data l'inscindibilità tra interessi e diritti e una inscindibilità é necessario dare la giurisdizione al giudice amministrativo. Questo tipo di giustificazione é stata alle base nel 1923 dell'allargamento della giurisdizione amministrativa(?), dove l'impiego pubblico aveva importanza centrale. L'ambivalenza della premessa esclude che possa ritenersi che la costituzione abbia cristallizzato la ripartizione originaria. Non é stata preclusa la variazione delle materie destinate alla giurisdizione esclusiva, tuttavia nella modifica il legislatore incontra dei limiti basati su due principi: tutti possono agire in giudizio ex art 24, la specialità del giudice può fondarsi solo sul fatto che si tratti di svolgere giurisdizione nell'amministrazione.
Dopo aver illustrato la tendenza del legislatore ad allargare le materie, la corte osserva che le censure colgono che presupposto della normativa impugnata é smentito dal quadro costituzionale. Il vigente art.103,1comma non ha dato al legislatore assoluta e incondizionata disposizione della giurisdizione ma ha dato la sola libertà di determinarla per particolari materie dove vi siano anche, e non solo, diritti soggettivi. Il legislatore non può fondarsi solo sul lato oggettivo delle materie ma basarsi anche sui soggetti coinvolti. Fino al 2004 il criterio di riparto fissato dalla Costituzione si é andato evolvendo secondo la devoluzione al giudice amministrativo di blocchi di materie secondo giurisdizione esclusiva. La corte dice che non si tratta di blocchi di materie ma di singole materie in cui l'interesse legittimo sia rilevante e per i soli diritti soggettivi che siano anche essi implicati.
La deduzione é che il collegamento con il parametro adottato dal costituente è dato dall'art.103 dove si dice che le materie devono essere “particolari”, devono partecipare della loro medesima natura dove la pubblica amministrazione sia autorità cui il singolo riferisce. Si tratta di controversie in cui vengono in rilievo essenzialmente interessi e anche diritti, la presenza dell'interesse legittimo attesta il fatto che l'amministrazione agisce come autorità cui è accordata tutela al singolo. La corte riprende la vecchia nozione della dottrina secondo la quale l'interesse è situazione soggettiva necessariamente correlata al potere amministrativo e non è implicita in ogni rapporto con l'amministrazione. Bisogna differenziare quando l'amministrazione agisca come autorità o meno, da cui differisce la situazione di interesse legittimo o diritto soggettivo. Laddove è data giurisdizione esclusiva, l'amministrazione agisca come potere e abbia autorità rispetto alla cui azione vi sono interessi legittimi simmetrici a cui possono intrecciarsi in posizione collaterale dei diritti soggettivi. Il legislatore ordinario può allargare l'area purché si tratti di materie particolari che in assenza di tali disposizioni si applicherebbe la giurisdizione ordinaria. La corte ribadisce che non basta un pubblico interesse, in quanto esso va soddisfatto anche quando l'amministrazione agisce come soggetto privato. É dunque necessario un particolare atteggiamento del pubblico interesse.
La disciplina non è conforme alla costituzione; per quanto riguarda i pubblici servizi, non ci sono confini compiutamente delimitati e non può definirsi materia particolare, in quanto ha una definizione che è spesso variata e comunque estremamente vasta.
La legge 205 conferma in gran parte il dlgs80/1998 e l'art.7 della legge riconosce al giudice amministrativo il potere di disporre il risarcimento del danno ingiusto. Tale norma viene indicata come ulteriore forma di estensione della giurisdizione esclusiva. La Corte fa un distinguo: la dichiarazione di incostituzionalità non investe il potere riconosciuto rispetto al danno ingiusto in quanto non si tratta di nuova materia bensì di un nuovo potere del giudice simmetrico ad una nuova tutela del cittadino. Tale potere è conforme alla piena dignità di giudice e fonda le radici nell'art.24cost che implica che al giudice siano dati adeguati poteri.
L'art33 del dlgs80 trasfuso nella l. 205/2000 è annullato tranne che nel risarcimento del danno, cosi come è annullato l'art 34 salvo che in una parte. Per quanto riguarda la materia urbanistica vi sono atti che non rientrano sotto l'ambito dell'autorità e per questo l'art34 è annullato.
C.Cost.191/2006 contesta la legittimità della norma contenuta nel dpr 327/ 2001 su espropriazione per pubblica utilità nell'art53. Il fatto che la previsione dei comportamenti sia rispetto all'espropriazione e non all'urbanistica non cambia, ed è il comportamento in quanto tale che non costituisce legittimo esercizio di potere. La norma secondo i giudici a quo deve considerarsi costituzionalmente illegittima dove il giudizio costituzionale sembrerebbe scontato. Per l'espropriazione è necessaria la pubblica utilità e la prassi é di anticipare il mettersi nel possesso e durante il periodo di occupazione di urgenza l'opera viene iniziata e il decreto di espropriazione viene adottato dopo la scadenza di termini o non viene adottato del tutto. La cassazione inventa un congegno: nell'ipotesi in cui l'amministrazione sulla base di dichiarazione di pubblica utilità è spesso in presenza di un decreto d'occupazione d'urgenza, abbia realizzato l'opera pubblica ma abbia proceduto a trasformazione irreversibile del bene, per questo motivo l'amministrazione diventa proprietaria del manufatto e del suolo e al proprietario rimane solo l'azione di risarcimento del dallo rispetto al valore del suolo. Giustificazione simile é giustificata a partire da norme del codice civile che prevedono ad esempio la possibilità del costruttore che abbia utilizzato parzialmente suolo altrui di acquisirlo pagando il triplo, o in tema di specificazione che danno prevalenza all'autore della specificazione.
La cassazione desume principio generale secondo cui nel conflitto l’autore che ha agito nel perseguimento di pubblico interesse, quest'ultimo, il pubblico va considerato prevalente: da qui si individua un nuovo modo di acquisto della proprietà. L'idea di occupazione appropriativa è una tesi che è durata per circa 25 anni sin quando nel 2007 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha detto che tale istituto è contrario alla CEDU, in particolare rispetto alla proprietà, e che ha portato la corte costituzionale e il legislatore poi ad adeguarsi. Il dpr su espropriazione per pubblica utilità è del 2001, antecedente alla soluzione del problema.
La sentenza riconosce che l'intento del legislatore del 2001 è stato di riproporre il dlgs80/1998. Nell'ipotesi in cui gli atti sono riconducibili all'esercizio dell'attività dell'amministrazione essi non sono sottoposti alla censura della corte. La corte da per scontata la distinzione tra occupazione appropriativa ed usurpativa: a seconda che vi sia dichiarazione di pubblica utilità antecedente o meno, nel secondo caso si ha un comportamento di mero fatto rispetto al quale opera la ratio evocata dalla corte costituzionale nella sentenza 204/2004. Si distingue con la 191/2006 il comportamento non riconducibile a pubblico potere e quindi si ha illegittimità, e il comportamento legittimo che sono esercizio di pubblico esercizio in quanto legittimati. La corte ha cercato di salvarsi, ma l'istituto della occupazione, appropriativa o usurpativa, è stata in seguito eliminata dalla corte europea.
Il problema del riparto é sempre esistito in Italia anche a prescindere dalla giurisdizione esclusiva. Questo problema dipende dalla labilità del criterio di distinzione, dall'incertezza dei confini, dalle dinamiche del potere amministrativo e l'efficacia dei provvedimenti quali risultano dalla giurisprudenza. Ci sono ipotesi in cui la posizione del privato a fronte della pubblica amministrazione è inequivocabilmente di interesse legittimo, nei casi in cui il privato chiede un provvedimento a lui favorevole e non si ha un diritto. Si tratta di interesse legittimo o semplice, quindi giuridicamente irrilevante? Il diritto sopravvive all'esercizio del potere amministrativo? Ci si può rivolgere al giudice ordinario per la tutela del diritto di proprietà? Controversie in cui si fa questione di un diritto soggettivo in cui sia comunque interessata una pubblica amministrazione.
Se l'amministrazione adotta un provvedimento di espropriazione legittimo esercita il potere che la legge le conferisce di sacrificare il potere di proprietà del privato. Nell'ipotesi in cui il provvedimento sia illegittimo la legge abolitiva del contenzioso, evoca l'idea di un atto amministrativo illegittimo che continua a spiegare gli effetti durante il giudizio, che non può essere revocato dall'ordinario e continuerà ad operare fino a che l'autorità amministrativa non si conformerà al dictum del giudice ordinario.
A fronte della previsione legislativa di un conflitto dal quale deve uscire vincitrice la PA nei confronti del diritto la costituzione pone una condizione: che il potere sia esercitato in conformità alla legge. La difesa di proprietario espropriato, non é sul piano della proprietà stessa, ma sulla legittimità dell'espropriazione: che vi siano i documenti necessari alla stessa, sull'indennità di espropriazione, ecc. nel caso in cui non si rispettino tali condizioni il provvedimento è impugnabile e nell'ipotesi che la domanda sia accolta il decreto di espropriazione sarà annullato. A seguito di ciò il diritto estinto dal provvedimento espropriativo subisce una reviviscenza in quanto viene meno l'atto che lo aveva fatto venir meno. La questione si pone dunque in termini di vicenda temporale: nella prima fase si ha un proprietario, nella seconda fase, si ha l'estinzione del diritto e nella terza fase si ha la l'annullamento del decreto e il ritorno nella sua pienezza del diritto.
Dal punto di vista del riparto di giurisdizione il privato non ha che un interesse legittimo.
La cassazione civile ha individuato nel tempo criteri per distinguere l'interesse legittimo dal diritto soggettivo. Se l'amministrazione esercita un potere espropriativo, può trattarsi di cattivo esercizio del potere che può essere simmetrico all'interesse legittimo. Se non si ha il presupposto indifettibile si ha carenza di potere nell'agire, dato da carenza di attribuzioni. Per stabilire se si ha interesse o diritto bisogna vedere se si ha avuto un cattivo esercizio o un esercizio in carenza.
Ulteriore criterio é fondato sulla distinzione tra norme di azione e relazione, Enrico Guicciardi negli anni 30 formulò tale distinzione. Le norme di relazione disciplinano la relazione tra amministrazione e soggetto privato stabilendo ordini a carico dell'uno e dell'altro. Norme che disciplinano l'azione dell'amministrazione rispetto all'interesse pubblico. Il privato ha rispetto ad esse un puro interesse legittimo. Tale visione é stata contestata rispetto al fatto che ogni norma sarebbe di relazione, in quanto pone un rapporto tra amministrazione e privato. Tale criterio è dunque solo raramente utilizzato.
Terzo criterio è la distinzione tra atto discrezionale e atto vincolato. La differenza è che all'atto vincolato corrisponde diritto soggettivo mentre ad atto discrezionale corrisponde interesse legittimo. Si tratta di un criterio insoddisfacente in quanto tale relazione non é effettiva e possono ricorrere interessi legittimi anche in atti vincolati.
I dubbi permangono ad esempio nel caso di situazione di pretesa o aspettativa di un provvedimento favorevole. Il giudice amministrativo diceva trattarsi di interesse legittimo mentre il giudice ordinario diceva trattarsi di diritto soggettivo.
Molte delle situazioni controverse hanno trovato soluzione giurisprudenziale, sicché la giurisprudenza con indirizzi che si sono poi consolidati, ha stabilito che le controversie di tal tipo ricadono sotto la giurisdizione del giudice ordinario. Il problema di accertare di volta in volta se si tratti di interesse o diritto è stato alleggerito da casi sempre più numerosi di giurisdizione esclusiva e da indirizzi costanti della giurisprudenza che hanno la funzione di indirizzare.
Nessun commento:
Posta un commento