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sabato 26 gennaio 2013

Diritto amministrativo, cenni storici


La sottoposizione dell'amministrazione al controllo giurisdizionale è dovuta al fatto che la stessa costituzione prevede la possibilità di abusi, per quanto l'attività e i poteri amministrativi siano altrimenti controllati. Questo assicura la tutela del cittadino nei confronti dell'amministrazione. La giustizia amministrativa, per essere conosciuta, necessita di conoscere come il sistema si sia formato. Nel 1861 lo stato italiano nasce dalla formazione di più stati diversi, nel 1866 si aggiungono altri stati fino al 1870 con la presa di Roma. Si tratta di sostituire ai differenti sistemi singoli un unico sistema. I sistemi precedenti erano fondati sul contenzioso amministrativo e si esplicavano attraverso il Consiglio di Stato, Corte dei Conti, o in generale organi che si occupavano di controversie tra privati ed enti pubblici in materie determinate di volta in volta. Si poneva l'esigenza di scegliere se affidare la giustizia a un organo speciale o al giudice ordinario, come nel sistema inglese. Si contrapponevano due filoni: l'orientamento favorevole all'introduzione della giurisdizione unica del giudice ordinario e l'orientamento che prevede di regolare la disciplina attraverso un giudice apposito, con una maggiore conoscenza della materia, secondo la visione francese. Le giustificazioni del primo orientamento ricadono sotto il principio di uguaglianza: lo stato assoggettato al diritto é assoggettato alla medesima giurisdizione del cittadino. L'orientamento opposto dice che tali rapporti hanno una notevole specialità, prevedendo commistione di interessi pubblici e privati, e necessitano dunque una giurisdizione autonoma. Nel 1865 viene presa la decisione drastica circa la giustizia amministrativa. Un'unica legge ( L. 2248/1865) approva in quell'anno una serie di allegati circa i differenti aspetti dell'amministrazione. L'allegato E tratta l'abolizione del contenzioso amministrativo, prevedendo tra l'altro che tutte le controversie in cui si faccia questione di diritti civili e politici sono decisi da giurisdizione ordinaria. In particolare l’art 2 stabilisce espressamente che “sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell'Autorità amministrativa”. Al di fuori di tali affari rimane la competenza dell’amministrazione, come sancito dal successivo Art. 3 : “Gli affari non compresi nell'articolo precedente saranno attribuiti alle Autorità amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto delle parti interessate, provvederanno con decreti motivati, previo parere dei Consigli amministrativi che pei diversi casi siano dalla legge stabiliti. Contro tali decreti che saranno scritti in calce del parere egualmente motivato, è ammesso il ricorso in via gerarchica in conformità delle leggi amministrative”. Negli affari non compresi i ricorsi saranno proponibili ad autorità amministrativa che decide con decreto. Tali affari non compresi erano nel progetto di legge gli interessi che il cittadino vanta nei confronti dell'amministrazione pubblica. Per questi interessi la tutela é data dalla stessa amministrazione. Quando la controversia verte su atti amministrativi il giudice non può revocare l'atto se non con intervento dell'amministrazione stessa. La legge si basa su una concezione rigida dello stato di diritto e allo stesso tempo di separazione dei poteri. Questo vuol dire che è necessaria una indipendenza reciproca tra giudice e amministrazione. Per questo il giudice non può intervenire sull'atto amministrativo, salvo che attraverso l'amministrazione stessa. Una volta accertata l'illegittimità dell'atto questo non potrà essere annullato in quanto non è amministratore, sarà necessario ricorso all'amministrazione che si conformerà al giudicato. Nell'ipotesi che non si conformi non vi é alcun effetto che venga disciplinato. Da tali elementi si colgono i limiti della riforma in quanto il giudice, pur con potere generale di giurisdizione, non può annullare gli atti direttamente e il giudicato stesso ha estensione limitata alle parti. Spettano alla giurisdizione ordinaria le questioni concernenti un diritto politico in cui sia comunque coinvolta l'amministrazione e un suo atto sia lesivo. Quando l'amministrazione si imbatte in un diritto e fa applicazione di una legge che le consente di andare contro tale diritto, tali situazioni creano dei conflitti che vengono risolti dal Consiglio di Stato, il quale restringe la sfera del giudice ordinario. L'atto annullabile spiega gli effetti dell'atto valido compresa la soppressione del diritto civile o politico in cui si imbatte. La sfera del giudice è ristretta e la sfera dell'amministrazione é inefficiente in quanto lo stesso organo cui si richiede la tutela è quello che ha emanato l'atto. La protezione del cittadino, che la legge abolitiva del contenzioso aveva inteso rafforzare, finisce per rivelarsi più debole di prima in quanto il giudice prima aveva possibilità di annullare l'atto e non trovava il limite degli atti di gestione. Al cittadino era lasciato il ricorso gerarchico, per cui si adiva l'organo amministrativo superiore rispetto a quello che aveva adottato l'atto. Il sistema monistico di giustizia amministrativa ebbe vita breve. Da tale lettura giurisprudenziale riprende la forza l'orientamento che chiedeva la creazione di un organo giurisdizionale apposito. Francesco Crispi con la l n. 5992/1889 1889 la IV Sezione del Consiglio di Stato, in quanto le prime tre esercitavano funzione consultiva rispetto al Re. Alla Quarta Sezione spetta di conoscere degli atti amministrativi dei quali sia stata denunciata incompetenza, violazione di legge o eccesso di potere quando i ricorsi siano proposti da soggetti che abbiano interesse, persone fisiche o persone giuridiche. L'interesse contrapposto al diritto nel progetto del 1865, soppresso nella versione definitiva dell'art.3 , riemerge nella legge del 1889 per cui l'interesse che era affidato alla tutela dell'amministrazione viene ora affidato a un organo apposito dell'amministrazione, ma che gode di indipendenza e che ha potere di annullamento in caso di illegittimità. A partire dalla legge del 1889 l'assetto della giustizia amministrativa in Italia cambia, in quanto la tutela degli interessi è affidata a un organo il quale può tutelare tale interesse annullando l'atto amministrativo se viziato. Per quanto riguarda le situazioni soggettive la tutela si estende dai diritti ad interessi e per quanto riguarda la decisione la Quarta Sezione del consiglio può annullare l'atto, senza poter disporre la condanna al risarcimento dei danni prodotti. Il principio di separazione dei poteri è depotenziato ma non annullato in quanto il Consiglio di Stato fa comunque parte della pubblica amministrazione. Tale organo viene comunque inquadrato tra gli organi giudiziari, secondo decisione della cassazione susseguente, la quale ammette il ricorso a se delle decisioni. Tuttora vi sono tre sezioni consultive e tre sezioni giurisdizionali. La conseguenza dal punto di vista del sistema è che mentre fino al 1889 il sistema italiano é stato monistico, con un unico giudice ordinario, dal 1889 si ha un sistema dualistico i cui ambiti di giurisdizione si distinguono sulla base dei diritti che si fanno valere. L'interesse è legittimo quando il diniego opposto contrariamente alla normativa da il diritto all'opposizione innanzi al consiglio. Tale interesse non é dunque sottoposto all'arbitrio dell'amministrazione. Si attua per la prima volta la tripartizione tra incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge. L'incompetenza è una categoria che non ha a che fare con persone fisiche. Il giudizio di competenza è utile a proteggere il cittadino affinché siano definiti i poteri amministrativi. Eccesso di potere è un concetto meno chiaro. Si intende per esso lo straripamento di potere, che apparirebbe come un'incompetenza più grave. In realtà si parte in questa concezione dal fatto che il potere amministrativo presupponga un fine determinato. L'atto amministrativo é valutabile in base alla propria legalità ma anche rispetto al fine che attraverso esso viene perseguito. L'eccesso di potere è una deviazione dell'atto rispetto al suo fine, è uno sviamento del potere. Si usa il potere per un fine diverso da quello per cui esso è stato concesso. Tale nozione progressivamente si dilata fino a comprendere una pluralità di ipotesi allineate dalla giurisprudenza. Accanto a violazione di legge e incompetenza il cui ambito è perfettamente delimitato da un paradigma fisso, l'eccesso di potere finisce per essere una fattispecie a paradigma aperto in cui ricadono tutti i vizi altrimenti determinabili. La formula elementare inserita nella legge istitutiva della quarta sezione ha costituito uno dei canali in cui si è immessa un'enorme giurisprudenza che ha finito per formulare regole dell'azione amministrativa non altrimenti statuita. Interesse legittimo può sussistere a che il diritto non venga tolto in modo illegittimo, qui non si ha interesse a ottenere qualcosa ma a che qualcosa che ho non venga sottratto. Qui si trova la differenza tra interesse legittimo positivo e pretensivo. Tale distinzione è simmetrica a quella tra provvedimenti amministrativi restrittivi della sfera giuridica del privato e provvedimenti ampliativi, rispetto a cui vi sono interessi oppositivi e pretensivi del soggetto privato. Il sistema italiano risulta dunque fortemente sbilanciato a favore del giudice amministrativo rispetto al giudice ordinario. Il secondo ha un suo ambito piuttosto ristretto, rispetto ad esempio alla materia tributaria. Nel caso in cui un soggetto debba, in relazione ad uno stesso rapporto, far valere diversi interessi e per evitare di doversi rivolgere a due fonti di giurisdizione l'intera materia dell'impiego pubblico essa viene destinata al giudice amministrativo. Nel 1924 le diverse leggi vengono portate in un testo unico fino al 2010, anno di elaborazione del codice del processo amministrativo. In sede di costituente viene codificata la situazione preesistente, dicendosi all'art.24 Cost che ognuno può agire anche a difesa di propri interessi legittimi, oltre che per i diritti. All'art103 Cost si dice che la tutela dell'interesse legittimo e, in particolari casi, dei diritti personali spetta alla giustizia amministrativa. All'art.113 Cost si dice che non possono introdursi limitazioni a mezzi di tutela. Il sistema viene costituzionalizzato con la differenza tra interessi tutelati dalla giustizia amministrativa e diritti principalmente al giudice ordinario. Nel 1890 con la legge 6837 viene istituito un organo presso ogni prefettura a livello provinciale: la Giunta Provinciale Amministrativa, con giurisdizione su interessi locali e le cui determinazioni sono suscettibili di appello dinanzi la IV Sezione del Consiglio di stato. La materia fu in seguito disciplinata dal r.d. 1058/1924. La costituzione cristallizza il principio del doppio grado di giurisdizione con la sostituzione dei tribunali provinciali con quelli regionali. Le giunte provinciali continueranno ad operare fino al 1966, quando la corte costituzionale ( Sent 30/1967) dichiarò l'illegittimità costituzionale di tale organo in quanto manchevoli di sufficiente indipendenza. Nel 1971 vengono istituiti i TAR, che a differenza delle soppresse giunte hanno competenza generale rispetto agli interessi, limitata solo territorialmente. Il giudice d'appello è unico, il consiglio di stato, con le sue tre sezioni. Leggi ulteriori tra 1998 e 2000 amplia la legislazione esclusiva oltre che ai dipendenti pubblici anche ai servizi pubblici, l'edilizia ecc. Coesistono una serie di norme emanate nel corso di un processo che comincia dal 1865 e continua in numerose tappe, ponendo problemi di coordinamento tra le stesse. L'impianto della giurisdizione ordinaria rimane vigente tuttora, con le interpretazioni e mutilazioni derivanti dalla giurisprudenza e dal legislatore. Nel 1889 viene previsto il ricorso per esecuzione del giudicato civile nei confronti della pubblica amministrazione, in seguito con sentenza che interverrà brevemente si allarga l'ambito al giudicato amministrativo. La legge determina il giudice a cui attribuire la valutazione sull'atto. Questo comporta la possibilità che il giudice ordinario possa annullare l'atto dell'amministrazione, come codificato dall'art.113cost. 12/10/2012 L'interesse legittimo si ambienta quasi esclusivamente nel diritto italiano, essendo altrove prevista solo dalla costituzione spagnola ma con scarso rilievo. Qualcuno ha tratto la conclusione che si tratterebbe di una formula verbale volta a giustificare una doppia giurisdizione, delimitando l'ambito del giudice ordinario e amministrativo. Si tratta di una nozione agganciata a una previsione sommaria della legge istitutiva della quarta sezione, costituzionalizzata nel 1948. è un dato strutturale del nostro ordinamento la presenza di interessi legittimi, come anche la possibilità di ottenere la tutela giurisdizionale presso il giudice amministrativo. La formula originaria dell'art.& della legge istitutiva del 1889 ha subito modificazioni nel 1924, nella legge istitutiva dei TAR e oggi nella legge del 2010 che ha codificato il processo amministrativo. La formula originaria “un interesse di un individuo o ente morale” era suscettibile di interpretazione da parte della giurisprudenza. L'interesse a ricorrere, forma il contenuto del diritto soggettivo di cui si chiede tutela al giudice. Il soggetto abilitato a ricorrere lo fa a tutela del suo interesse ai fini dell'annullamento dell'atto impugnato; Il giudice amministrativo, secondo la dottrina del tempo, restaurava la legittimità violata per cui il processo diventa uno strumento per l'assicurazione dell'interesse pubblico in funzione del quale sono preordinate le leggi amministrative. Rispetto a tale interesse della parte, l'interesse legittimo sussisterebbe come strumento e da qui l'idea che l'interesse legittimo viene tutelato in quanto coincide con l'interesse pubblico assicurato dal giudice annullando l'atto amministrativo viziato. Tale idea della dottrina, per cui il soggetto aveva una posizione subordinata all'interesse pubblico, contrasta con l'idea dei processualisti del XX secolo i quali vedono la giurisdizione come strumento per la tutela del soggetto, quale che sia la controparte. Tale idea della natura soggettiva costituisce la premessa per la configurazione definitiva che l'interesse legittimo ha nella costituzione. L'interesse non é più strumento per la tutela dell'interesse pubblico, nella fase del giudizio il giudice è chiamato a verificare l'esistenza della situazione soggettiva di cui il titolare denuncia la violazione. Cambia cosi la prospettiva e l'interesse legittimo non é più soltanto una situazione che si faccia valere nel giudizio, in quanto l'art.24 presuppone che l'interesse legittimo preesista al processo. I profili sostanziali sono difficilmente individuabili, mentre il diritto soggettivo assoluto è valevole erga omnes e i quelli di credito hanno una controparte nel debitore, gli interessi legittimi hanno come controparte una pubblica amministrazione. Il rapporto con tale soggetto ha una rilevanza anche prima del processo, soprattutto a causa dell'introduzione della legge sul procedimento amministrativo. Questa formalizza il potere del soggetto privato di avviare procedimenti avviati all'adozione di un provvedimento per il soggetto privato. L'interesse legittimo assume qui una posizione diversa rispetto a quella originaria: esso implica poteri di intervento sulla amministrazione che precedono l'adozione del procedimento conclusivo e si collocano o a monte del procedimento o si situano all'interno del procedimento e che sono poteri di intervento dati dalla legge sul procedimento amministrativo. Il procedimento nasce da un'esigenza materiale per cui la legge che conferisce un potere all'amministrazione, lo fa in vista di un interesse pubblico. Conferisce tale potere ad un'autorità, prevede un potere l'esercizio del quale presuppone un minimo di istruttoria. Il potere amministrativo é conferito in vista di una interesse che di per se implica che tale potere non si esaurisca nell'adozione di un provvedimento ma presupponga un'attività a monte, necessaria e necessitante. Si tratta di un vincolo di natura costituzionale, posto dall'art.97cost, secondo cui gli uffici devono assicurare il buon andamento e l'imparzialità. L'amministrazione é un soggetto che ha a che fare con parti, entità fondamentali del processo. L'interesse legittimo non è una posizione che sorge nel momento della lesione, oggi esso preesiste all'atto che lo lede in quanto la sua esistenza coincide con l'avvio del procedimento che porta al provvedimento amministrativo lesivo. L'interesse ad agire è un interesse esercitato ai fini della tutela di un interesse materiale che la giurisprudenza qualifica come bene della vita. Nel corso dei decenni vi è stato un notevole allargamento dell'area degli interessi legittimi: un soggetto può ora agire per la tutela di una interesse all'ambiante, cosa inimmaginabile prima degli anni '70. Il diritto soggettivo ha una sua tipicità, si tratta di schemi formati nel corso dei secoli, l'interesse legittimo invece non si presta alla qualificazione e necessita sempre un rapporto con la pubblica amministrazione. La giurisprudenza è riuscita comunque a dilatare tale concetto ed esso é divenuto uno strumento di allargamento della protezione giuridica notevole. Questo risulta dal confronto con ordinamenti stranieri.

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