1.IL DIVIETO DEI PATTI SUCCESSORI E LE SOLUZIONI NEGOZIALI ALTERNATIVE AL TESTAMENTO. LE SOLUZIONI INTERNE E IL TRUST.
L'art.458 pone il divieto di compiere patti successori, sulla base di una tradizione romanistica accolta in modo acritico. La dottrina sta rivedendo tale dogma che esclude ogni altra fonte rispetto al testamento. E' avvenuto di recente il riconoscimento legislativo degli effetti dei trusts costituiti nei paesi di common law attraverso la ratifica e l'esecuzione del 1989 della convenzione adottata a l'Aja nel 1985.
Diventa più evidente così nel nostro ordinamento il problema di soluzioni negoziali alternative al testamento. Primo caso: trust for sale alla fine del XIX secolo gli viene data soluzione negativa dalla corte d'appello di Cagliari. Secondo caso: nel 1909 la corte di cassazione di Napoli valuta come amministrazione a scopo di conservazione del patrimonio nell'interesse dei successivi chiamati a godere un trust che disponeva un legato periodico. Secondo Carlo Manenti, sempre nel 1909, il contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzi si concretizzava in un disposizione di ultima volontà alternativa alle forme tipiche di testamento previste in quanto l'acquisto del terzo si concretizzava solo alla morte dell'assicurato e fino a quel momento l'assicurato aveva potere di revoca. La tesi rimane isolata nella dottrina dell'epoca che la ritiene viziata per una sovrapposizione di causa e termine essendo la morte soltanto il momento di consolidazione di un contratto già perfezionatosi nel contratto di assicurazione.
La tesi di Manenti è stata riscoperta dopo circa mezzo secolo dal tribunale di Catania circa l'emissione di un libretto di deposito nominativo a favore di un terzo con la riserva di prelevare le somme residue solo dopo la morte del depositante. La sentenza stabilisce l'obbligo per la banca di dare le somme al terzo e l'annotatore della sentenza ritiene che si tratti di contratto a favore di un terzo per perseguire una finalità tipica di atti mortis causa con conseguente nullità del deposito per difetto di forma ad substantiam.
Tale fattispecie era analoga a quella esaminata dalla Corte d'Appello di New York nel 1904 e passata alla storia con il nome di Totten trust dove era avvenuto ugualmente un deposito con trust a favore di un terzo, con la facoltà di revoca del beneficio.
Le due fattispecie sono configurabili come savings bank trust con i soggetti di settlor nel depositante, di trustee nella baca e di beneficiario nel terzo. Il costituente si riserva il potere di revoca mantenendo la disponibilità delle somme e compie dunque un atto inter vivos con cui dispone del proprio patrimonio post mortem. Si tratta di un contratto a favore di un terzo in cui la prestazione va compiuta alla morte dello stipulante(art.1412c.c.). Si tratta di un atto di liberalità a causa di morte in deroga al divieto di patti successori?
2.LA DISTINZIONE TRA ATTI MORTIS CAUSA E ATTI POST MORTEM. I REQUISITI DEI NEGOZI TRANSMORTE.
L'atto mortis causa è l'atto diretto a regolare i rapporti patrimoniali e non patrimoniali del soggetto per il tempo e in dipendenza della sua morte, senza che si produca alcun effetto prima di tale evento. Esso ha come contenuto tipico il regolamento di una situazione rilevante giuridicamente dopo la morte del suo autore.
Negli atti post mortem l'evento della morte rappresenta invece soltanto la condizione o il termine di efficacia dell'attribuzione che è attuale e non limitata al residuo dopo l'evento della morte.
Sulla base di tale distinzione si è stabilito che non costituiscono atti mortis causa ma atti inter vivos aventi a oggetto beni futuri i patti successori dispositivi e rinunciativi(vietati dall'art. 458). Si sono individuati una serie di atti di natura contrattuale con la funzione di alternativa convenzionale al testamento i quali permettono: il controllo della qualità del soggetto beneficiario e il mantenimento e la formazione educativa spirituale e professionale di determinate persone permettendo anche una diversificazione dei beni in vista del tipo di trasferimento più idoneo rispetto alla loro natura.
Tali soluzioni contrattuali alternative al testamento dirette a regolare situazioni patrimoniali post mortem sono dette successioni anomale tra cui la dottrina ha individuato alcune figure tipiche tutte caratterizzate dalla coesistenza di tre elementi: 1. cessazione dell'appartenenza del bene al disponente dal momento della stipula. 2. differimento dell'acquisto da parte del beneficiario al momento della morte del disponente 3. riserva a favore del disponente del potere di revoca.
Si distinguono ulteriormente figure indicate come negozi post mortem che presentano solo i primi due requisiti, non essendo revocabili e in cui l'immediata operatività dell'attribuzione impedisce che si possa parlare di atto mortis causa, estraneo dunque al divieto di patti successori.
3.IL MANDATO POST MORTEM E IL CONTRATTO A FAVORE DI TERZI CON EFFETTI POST MORTEM
In questi casi è maggiore la possibilità di una violazione dei patti successori. Il mandato post mortem conferito per contratto si afferma essere nullo ex art.458c.c. Ogni qual volta ne sia pattuita l'irrevocabilità mentre è ritenuto valido il mandato post mortem exsequendum per il quale il mandatario è tenuto a consegnare al terzo l'oggetto di un'attribuzione patrimoniale già attuata e perfezionata durante la vita del mandante.
Per quanto concerne il contratto a favore di terzo con effetti post mortem una parte della dottrina ravvisa uno strumento per la realizzazione di un'attribuzione mortis causa, elusiva del divieto di patti successori.
All'ipotesi di un Totten trust è negata validità da chi ravvisa in essa gli estremi di una disposizione testamentaria indiretta inammissibile nel nostro ordinamento in quanto prima della morte del depositante nessuna modifica era intervenuta nel suo patrimonio.
4.IL RICONOSCIMENTO DEGLI EFFETTI DEL TRUST NEL DIRITTO SUCCESSORIO ITALIANO
Attraverso la L.n. 364/1989 non si verifica l'entrata a pieno titolo del trust nel nostro ordinamento, essendosi verificato il riconoscimento da parte del nostro ordinamento degli effetti dei trusts costituiti nei paesi di common law. Risulta non infondata l'ipotesi che l'esclusione del trust domestico o interno comporti una disparità di trattamento rilevante a livello di Legittimità costituzionale. Cesare Grassetti si augurava che nella riforma del diritto privato si tenesse presente l'istituto del trust, ma il suo messaggio non fu recepito. Tuttora il messaggio è attuale in quanto nel nostro ordinamento vale un riconoscimento di diritto internazionale privato per gli effetti dei trusts costituiti nei paesi di common law in quanto sono fatti salvi i limiti della legge nazionale in materia di testamento e di devoluzione dei beni ereditari, con specifica attenzione per i diritti dei legittimari.
Non sono mancati timori di un'applicazione eccessivamente rigida di tali limiti, che potrebbe portare all'assimilazione di un trust inter vivos ad un atto di liberalità atipico di cui all'art.809 c.c. Con la conseguenza di un possibile ricorso all'art.555c.c per la parte eccedente la quota disponibile, senza escludere la possibile violazione ex art. 458c.c. E i limiti della sostituzione fedecommissaria sanciti dall'attuale art.692c.c.
5.L'UTILIZZO DEL TRUST IN FUNZIONE PARASUCCESSORIA E IL DIVIETO DEI PATTI SUCCESSORI
Si è affermata la superiorità del trust rispetto agli strumenti tradizionali del diritto successorio, in conseguenza dello schema estremamente lineare e semplice dell'istituto.
Nel trust il settlor dispone di uno o più beni di sua proprietà a favore del trustee il quale è tenuto all'amministrazione di questi beni che rimangono separati dal suo patrimonio personale ed è inoltre tenuto ad assicurare le aspettative del destinatario finale dell'attribuzione. L'unico proprietario è il trustee che è però obbligato all'esercizio del diritto di proprietà e al suo trasferimento finale al beneficiario in conformità alle direttive del settlor.
Tra le utilizzazioni possibili:
1.il settlor dà incarico al trustee di amministrare le azioni di una società che costituisce il patrimonio di famiglia attribuendo le rendite ai figli, cui verrà trasferita la titolarità quando saranno in grado.
2.il settlor costituisce una parte del suo patrimonio in trust irrevocabile a titolo gratuito stabilendo che il trust cessi alla sua morte e che i beni prima costituiti in trust siano attribuiti a soggetti determinati e non più codificabili.
3.Il settlor costituisce in trust alcuni suoi beni incaricando il trustee di destinare le rendite a soggetti diversi successivamente, a ognuno dopo la morte dell'altro, attribuendo la proprietà dei beni al più giovane dei figli dell'ultimo dei soggetti.
4.Il settlor trasferisce in trust ad una società straniera l'intero pacchetto azionario di altra società straniera della quale è unico azionista e che è proprietaria di tutti i suoi beni siti in Italia con il patto che alla sua morte il trustee il trustee provvederà alla gestione della società di cui precedentemente il settlor era l'unico azionista destinando per venti anni le rendite ad un soggetto e destinando poi il pacchetto azionario a un ulteriore soggetto.
L'ultima ipotesi non violerebbe alcuna legge italiana in quanto nessuno dei passaggi costituisce atto simulato. La giurisprudenza francese ha ritenuto valido tale tipo di trust per due ragioni:perché manca qualsiasi accordo con il beneficiario futuro; perché il trasferimento del diritto non coincide con la morte del settlor ma si realizza in via definitiva durante la vita di lui.
L'immediatezza dell'acquisto in capo al trustee e l'unilateralità dell'atto porta ad affermare che anche il living trust, dove il settlor si riserva la libertà di revocare il beneficiario finale dell'attribuzione, non contrasterebbe con il divieto di patti successori, non essendovi alcun accordo diretto con il beneficiario finale.
A tale conclusione giunge anche la dottrina italiana la quale esclude che la caratteristica strutturale del trust possa dare vita a un patto successorio istitutivo e che si possa parlare di atto mortis causa.
Per avere una nullità generalizzata del trust si dovrebbe provare la contrarietà dell'istituto rispetto ai principi della successione mortis causa. Ma le strutture sono diverse, nel trust manca l'accordo tra il de cuius e il soggetto destinatario dell'attribuzione, che è elemento fondante del patto successorio istitutivo. Altro elemento caratterizzante il patto istitutivo è che l'oggetto della disposizione faccia parte dell'asse ereditario mentre nel trust i beni sono usciti definitivamente dal patrimonio del de cuius. In terzo luogo, almeno nel living trust, non è ravvisabile alcuna limitazione alla libertà testamentaria.
Dunque un contrasto del trust con i principi del diritto successorio non è ravvisabile col divieto di patti successori ma nel fatto che mediante in trust si potrebbe delineare un assetto di interessi mortis causa al di fuori del testamento, unico atto riconosciuto dal nostro ordinamento. Tuttavia, al momento della morte, i beni non appartengono all'asse ereditario, in quanto la proprietà è stata già trasferita in via definitiva e per atto inter vivos al trustee. Per questo motivo non vi è interferenza nemmeno con il divieto di disporre mortis causa del proprio patrimonio con uno strumento diverso dal testamento posto dall'art.457c.c.
sabato 12 marzo 2011
FONTI DELLA VOCAZIONE EREDITARIA.DIVIETO DEI PATTI SUCCESSORI E LE ALTERNATIVE CONVENZIONALI AL TESTAMENTO. IL TRUST.
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