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sabato 12 marzo 2011

I PRESUPPOSTI DELLA VOCAZIONE EREDITARIA. LA CAPACITA' DI SUCCEDERE

1.PREMESSE GENERALI. CAPACITA' DI SUCCEDERE E CAPACITA' GIURIDICA. LA PRESUNZIONE RELATIVA AL CONCEPIMENTO. CAPACITA' DI SUCCEDERE ED ESISTENZA DEL SUCCESSIBILE. LE INCAPACITA' RELATIVE DI SUCCEDERE
Nel codice civile del 1942 la disciplina della capacità di succedere, art.462, fa parte delle disposizioni generali sulle successioni. Si tratta infatti di regole comuni ad ogni tipo di successione.
Tale collocazione è innovativa rispetto al codice del 1865 che aveva posto tali norme tra le disposizioni sulle successioni legittime, portando così a una duplicazione di norme. Sono state inoltre accolte le disposizioni della dottrina, riservando un capo autonomo all'indegnità, separandola dall'incapacità di succedere.
Tuttavia anche l'attuale sistemazione della materia non è esente di critiche. La normativa non è stata in grado di risolvere il rapporto tra incapacità di succedere e indegnità. Inoltre ci si pone il problema dell'utilità dell'art.462 circa la capacità di succedere che sembrerebbe meramente ripetitivo dellart.1c.c. Salvo che per il 3' comma dell'art.462 che riconosce la capacità di succedere ai figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore quando ancora non concepiti. Inoltre il 2' comma dell'art.462c.c. Comporta una discrasia rispetto alla disposizione generale dell'art.232,1'comma in quanto stabilisce una presunzione semplice di concepimento e quindi rimane possibile provare che il concepimento sia avvenuto dopo la morte del de cuius cosicchè il concepito potrebbe essere escluso dalla successione pur mantenendo lo status di figlio legittimo. Alla dottrina non è sfuggito il problema e dunque la prova contraria risulta inammissibile qualora vi sia una controversia anche sulla legittimità. La prova contraria è ammissibile in caso di filiazione naturale o di successione tra fratelli o estranei.
La formulazione positiva del 1'comma dell'art.462 è invece utile ad evitare la sovrapposizione tra l'esistenza della persona e la capacità di succedere propriamente detta, al contrario del codice del 1865 dove l'incapacità di succedere era destinata a rimanere assorbita nell'inesistenza del soggetto. Inoltre la formulazione più chiara dell'art.462c.c. Consente di enucleare meglio la regola generale della capacità. Non sono di ostacolo le norme che limitano la capacità di ricevere per testamento del notaio, dei testimoni e dell'interprete(artt.596-598) per i quali vale un'incapacità di succedere relativa o un difetto di legittimazione e per i quali non c'è un'assoluta incapacità di succedere.

2.IL SISTEMA DELL'ART.462C.C. I FIGLI NON CONCEPITI DI UNA DETERMINATA PERSONA VIVENTE AL MOMENTO DELLA MORTE DEL TESTATORE. I CONCEPITI AL MOMENTO DELL'APERTURA DELLA SUCCESSIONE
Nessuna capacità successoria generale è attribuita ai non concepiti: la loro capacità è condizionata al concepimento da parte di soggetti in vita al momento della morte del de cuius. La rimozione della clausola “immediati” non significa un'equiparazione del termine figli alla categoria dei discendenti in linea retta. Problema maggiore è quali siano i soggetti che vanno ritenuti figli: sono da ritenersi tali i figli naturali riconosciuti o giudizialmente accertati, mentre è discussa la posizione dei figli adottivi per i quali non c'è concepimento ma per i quali sembra comunque preferibile soluzione positiva.
Per quanto riguarda i diritti successori del concepito l'art.1,2'comma farebbe ritenere che i diritti successori del concepito siano subordinati all'evento della nascita. Va ricordato che la loro capacità è comunque generale e non speciale, come per i non concepiti, in quanto sono potenziali destinatari anche della vocazione ereditaria legittima.
3.IPRESUPPOSTI DELLA CAPACITA' DI SUCCEDERE. L'ELIMINAZIONE Del REQUISITO DELLA VITALITA'. SITAZIONE DEL CHIAMATO DI CUI SIA INCERTA L'ESISTENZA
L'unica ipotesi di capacità incondizionata è quella di chi nasce prima dell'apertura della successione. Oltre alla nascita in sé per sé è necessario che il destinatario della vocazione sia nato vivo, non è invece più richiesto il carattere della vitalità, precedentemente posto dall'art.724,1'comma c.c.
In secondo luogo il chiamato deve essere ancora in vita al momento dell'apertura della successione per quanto non vi sia un'esplicazione di tale principio generale come avviene nell'art.725 del code civil.
È più controversa la posizione del chiamato di cui sia incerta l'esistenza al momento dell'apertura della successione, a prescindere da una dichiarazione formale di assenza o di morte presunta.
Uno dei presupposti della vocazione ereditaria è certamente quello della certezza dell'esistenza del chiamato al momento dell'apertura della successione per cui fino a quando non viene meno la situazione di incertezza la fattispecie si presenta incompleta e la designazione non è in grado di esplicare i suoi effetti tipici. La designazione non è tuttavia del tutto efficace, in quanto l'art.70,2'comma dispone una serie di cautele nel caso in cui il chiamato ritorni o ne sia provata la sua esistenza al momento dell'apertura della successione.

4.LA VOCAZIONE DEI NASCITURI CONCEPITI E NON CONCEPITI. IL SENSO DELL'IMMEDIATEZZA DELLA VOCAZIONE DEL CONCEPITO
Si pone un problema non lieve circa la capacità di succedere dei concepiti dal momento in cui l'art.462,1' comma non contiene alcun riferimento all'evento della nascita al contrario dell'art.1,2'comma. Da tale divergenza si arriva a parlare di capacità attuale di succedere del concepito, di delazione sospesa o di delazione condizionata.
Nel primo caso la retroattività dell'acquisto al momento dell'apertura della successione trova giustificazione nell'anticipazione della personalità sulla nascita, attribuendo al concepito una personalità limitata o strumentale. Al contrario, nel secondo caso, chi ricostruisce la vocazione del concepito subordinata all'evento della nascita sottolinea che la delazione sarebbe in uno stato di pendenza dal momento che la designazione è senza effetto se il concepito non viene ad esistenza.
Nel tentativo di mediare tra le due diverse concezioni si è suggerito di distinguere la vocazione ereditaria dalla delazione, per cui il concepito sarebbe idoneo alla vocazione ma mancherebbe la delazione in quanto manca una personalità finale e duratura.
La problematica si ripropone in termini analoghi per i non concepiti. Si controverte infatti circa una vocazione attuale e perfetta o di una vocazione sottoposta a condizione. Nell'ultima delle ipotesi si tratterebbe di una fattispecie a formazione progressiva che si perfeziona al momento della nascita, retroagendo al tempo dell'apertura della successione. Non manca chi ravvisa la doppia vocazione del non concepito e di colui che succederebbe al suo posto se poi non seguisse la nascita. Non manca ancora chi afferma che le situazioni del concepito e del non concepito non siano assimilabili perché la disciplina positiva sarebbe notevolmente diversa nelle due ipotesi, essendo per di più riservato ai non concepiti un comma a sé stante.
Rimane a questo punto il problema di chiedersi se l'art.320,1'e3'comma, che implicitamente consente ai genitori di accettare l'eredità in nome e per conto del nascituro, si riferisce ai concepiti e non concepiti. In definitiva bisogna chiedersi se alla diversità di disciplina corrisponda un'effettiva differenziazione delle rispettive vocazioni ereditarie. È opinione diffusa quella che nel caso del non concepito mancherebbe lo stesso destinatario della vocazione, per quanto lo stesso accadrebbe nel caso in cui il nascituro non venga ad esistenza. Nei confronti dei nascituri, concepiti o no, non è possibile parlare di vacanza della quota, che si avrà invece solo quando è certo che il non concepito non potrà più venire ad esistenza.
Non è ancora utile a differenziare le due ipotesi il fatto che in caso di concepiti i beni vengano amministrati dai genitori, mentre nel caso di non concepiti non è necessario che essi siano dati alla persona vivente che dovrebbe generarli. La rappresentanza del genitore è assicurata dalla legge anche a favore del non concepito(art.643,1'comma) e l'amministrazione dei beni deve comunque avvenire con l'osservanza delle norme sui curatori dell'eredità giacente in entrambi i casi. L'art.320,1'comma attribuisce inoltre ai genitori la rappresentanza e l'amministrazione dei beni dei figli nascituri, senza fare differenza tra concepiti e non.
La questione dell'attualità della vocazione del concepito perde gran parte della sua importanza pratica alla luce della retroattività dell'accettazione al tempo dell'apertura della successione(art.459).
In ogni caso l'accettazione in nome e per conto del concepito non comporta l'acquisto di diritti prima della nascita in nessun caso.

5.PROCREAZIONE ASSISTITA E CAPACITA' DI SUCCEDERE DEL NASCITURO. LA TUTELA DELL'EMBRIONE
Le pratiche di procreazione assistita mettono a dura prova la valenza delle teorie sulla capacità di succedere. In Francia, dove la legge esclude la capacità di succedere dei non concepiti, si sono create forti disparità quando è stato riconosciuto diritto di succedere al concepito con fecondazione in vitro prima della morte (e impianto successivo) mentre non è stato riconosciuto tale diritto al concepito attraverso inseminazione post mortem.
Il concepimento in vitro pone inoltre problemi nel caso in cui egli venga impiantato anche a distanza di anni, ponendo nel vuoto situazioni ormai consolidate. Per cui risulta necessario chiarire meglio se la capacità successoria si acquisti al momento della fecondazione dell'ovulo o del suo impianto; si è auspicata inoltre una modifica dell'art.725 code civil in modo da riconoscere anche al concepito per l'inseminazione omologa post mortem la capacità di succedere.
Situazione analoga si verifica nel diritto italiano, dove è richiesta l'esistenza di entrambi i genitori al momento dell'impianto dell'embrione dalla L.n.40/2004. La dottrina aveva già da tempo evidenziato l'assoluta inadeguatezza del diritto vigente di far fronte alle nuove problematiche emergenti dalla procreazione assistita. Il problema del riconoscimento dei diritti successori all'embrione sarebbe semplificato se si riuscisse a dimostrare che dopo la L.n.40/2004 nulla osta ad una assimilazione dell'embrione al nascituro concepito. Ma la situazione non è così semplice, come dimostrato dalla molteplicità di soluzioni prospettate prima della stessa legge 40. Necessità di un intervento legislativo per una regolamentazione armonica della materia, che elimini il disagio dell'interprete.
A livello successorio i problemi di tutela dell'embrione sono essenzialmente due: il primo problema riguarda l'inseminazione post mortem per quanto riguarda la successione paterna. Non è possibile infatti considerare tra i successibili chi sia stato concepito a seguito della morte del proprio genitore. Si è proposto dunque di scindere il profilo dell'attribuzione dello status di figlio legittimo dal profilo di riconoscimento dei diritti successori. Il secondo problema è quello dell'embrione crioconservato con impianto solo dopo l'apertura della successione, vietato dalla legge 40 ma scientificamente possibile. In Francia si riconosce la capacità successoria al nato vivo a seguito di impianto post mortem di embrione crioconservato. Il problema si sposta dunque sulla prova di essere stato concepito prima dell'apertura della successione nonostante che la nascita sia avvenuta oltre il limite dei trecento giorni. Per di più vi è una maggiore incertezza dovuta al fatto che la la nascita potrebbe avvenire anche a distanza di molto tempo dall'apertura della successione e vi è un'esigenza altrettanto evidente di tutela dei chiamati in subordine.
In Italia l'unica soluzione certamente rispettosa della legge 40 al momento è quella più drastica: l'interpretazione restrittiva dell'art.462c.c. In modo da considerare concepito il solo embrione già impiantato al momento dell'apertura della successione. L'unica soluzione alternativa potrebbe essere quella di considerare il nascituro da embrione crioconservato alla stregua di un erede istituito sotto condizione sospensiva ex art.641c.c.

6.LA CAPACITA' DI SUCCEDERE DELLE PERSONE GIURIDICHE. GLI ENTI NON PERSONIFICATI E L'ABROGAZIONE DELL'ART.600C.C.
L'art.462c.c. Non si occupa della capacità di succedere delle persone giuridiche, per quanto nessun dubbio esista nella nostra dottrina sulla capacità di succedere delle persone giuridiche anche prima dell'abrogazione degli artt.17 e 600c.c. Il primo dei quali richiedeva l'autorizzazione governativa per l'accettazione di eredità e per l'acquisto di legati mentre il secondo dichiarava inefficaci disposizioni a favore di un ente non riconosciuto se entro un anno dal giorno in cui il testamento era eseguibile non fosse stata fatta istanza per il riconoscimento.
Unico riferimento implicito rimane quello dell'art.473,1'comma che obbliga le persone giuridiche ad accettare con beneficio di inventario. Le persone giuridiche hanno capacità di succedere speciale, non potendo esse essere destinatarie della vocazione legale. Fa eccezione la successione dello stato ex art.586c.c.
La capacità di ricevere per testamento è indiscussa solo per le persone giuridiche esistenti come soggetti, per cui la persona giuridica è incapace di succedere quando sia dichiarata estinta ex art.27c.c. e messa in liquidazione dopo l'apertura della successione ma prima di avere accettato l'eredità o acquistato il legato. Prima dell'abrogazione dell'art.600c.c. Inoltre si riteneva che gli enti non personificati fossero incapaci di succedere anche se poi si precisava che tale incapacità poteva essere rimossa con istanza di riconoscimento e, in quanto la disposizione era inefficace, si parlava di sospensione della delazione o di vacanza dell'eredità o di istituzione sotto condizione assimilando la disposizione a favore dell'ente di fatto alle disposizioni a favore di un concepito. Tale ricostruzione antropomorfa è stata ritenuta in tempi recenti non particolarmente significativa.
Secondo una prima concezione si distingueva il trattamento dell'ente costituito ma non ancora esistente giuridicamente da quello dell'ente non costituito neanche in fatto. Secondo una concezione ancora più possibilista si muoveva chi attribuiva agli enti non personificati ma già esistenti in fatto un'autonoma individualità e soggettività giuridica, di grado non inferiore a quella delle persone giuridiche riconosciute. Secondo questa seconda ricostruzione il problema dell'efficacia delle disposizioni testamentarie a favore di enti non riconosciuti tornava ad essere risolto con lo strumento tradizionale della condizione legale. Tale dibattito, seppur ormai sopito, è stato uno dei più vivaci e appassionati nella dottrina civilistica italiana.
Anche dopo l'abrogazione dell'art.600 tuttavia vi sono delle limitazioni per quanto concerne gli enti non esistenti neanche in fatto. La capacità di succedere delle persone giuridiche non riconosciute deve fare i conti con l'esistenza almeno in fatto del soggetto destinatario, rimanendo dunque la vocazione soggetta alla condizione dell'esistenza.

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